LDBBCC Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali |
The Last Works
Su quali progetti stiamo lavorando in questo periodo?
Fig.1, D(is) M(anibus) S(acrum) - Q(uinto) Cornelio - Procliano - vixit annis XV - - mensib(us) - VIII dieb(us) XII - Valeria Calpurnia - Scopele mater - filio piissimo - fecit (put mouse hover to see Epigrafe) |
A Roma nord, al lato di una antica consolare romana, oggi e' ancora presente un Cippo Funerario che seppur in discrete condizioni conservative e' ora aggredito da una patina nera.
Il Cippo e' all'interno di una proprieta' privata ma e' visitabile dopo aver preso contatto con la associazione Cornelia Antiqua che ne ha fatto il suo simbolo di riconoscimento. Qui ulteriori notizie sulla Associazione di cui non risulata essere attivo un vero sito web.
Purtroppo ci capita spesso di vedere mazzi di fiori ai lati di una strada trafficata, oppure su di un guardrail, che ci indica un brutto incidente in quel luogo. In molti casi nella antica Roma invece il cippo funerario e' scolpito e posizionato "a futura memoria", non e' il luogo del decesso, non e' una tomba, ma un ricordo a chi passa a fianco. Infatti oggi non sapremmo nemmeno il nome di Quinto Cornelio Procliano, e della madre Valeria Calpurnia Scopele che piange il suo 5^ figlio morto a 15 anni se non si fosse conservato questo prezioso cippo.
Il Funus Cippus si inquadra perfettamente nella liturgia funeraria Romana e mostra anche una iconografia di tipo etrusco con una Patera sul lato a destra della epigrafe (vedi fig.3) ed una Hydria sul lato sinistro (vedi fig.13) , proprio queste collocazioni sembrano confermare la Gens etrusca della famiglia e la datazione al I secolo A.D..
Per il cippo e' previsto un intervento di restauro conservativo da parte di un restauratore senior coadiuvato dalla sue equipe. Il nostro lavoro e' una diagnostica preventiva utilissima, indispensabile, per indirizzare le fasi del restauro.
Anamnesi, esame obiettivo, ....
Tutti questi termini sono usati da secoli in medicina, anzi da milleni facendo risalire la definizione di anamnesi al medico greco Rufus Ephesius (150 b.C. - 80 b.C.). Un attento progetto di restauro dovrebbe prevedere tutte queste fasi:
Prima confermiamo le dimensioni da fonti storiche.
Fig.2, le fonti storiche riportano le misure (convertite alle unita' odierne) del Cippo, qualche semplice misura serve a confermare la dimensionalita', evidenziando aggiunte e/o mancanze. |
Geolocalizziamo l'opera e con una bussola marina posizionata su di una asta di legno indichiamo il nord. Lavoro necessario per il confronto delle temperature/umidita'.
Fig.3, foto del Cippo e nello zoom si vede la bussola attentamente posizionata sull'asta di legno che con la sua direzione e verso ci indica il nord. |
Seguono poi una serie di misure di temperatura superficiale e di umidita' dell'opera. In merito alla temperatura abbiamo volutamente scelto una giornata con il cielo coperto, non piovosa ma senza sole battente che a mezza mattinata ci permette di ipotizzare una omogeneita' nella temperatura dell'opera impossibile se un lato fosse esposto al sole primaverile.
Fig.4, la misura della temperatura con il termometro ad infrarossi dipende (anche) dalla distanza, per cui con un bastoncino ci teniamo sempre alla stessa distanza. Nello zoom si nota la temperatura dell'opera e dell'aria, e la loro differenza. Come sempre ci si dimentica qualcosa in Lab. ... il treppiede dello strumento che fissa la distanza a 400 mm! |
Si eseguono misure per un vettore verticale e per uno orizzontale per tutti i lati dell'opera. Di seguito la misura della umidita' superficiale con il GE Protimeter Surveymaster Moisture Meter (datasheet here). Con questo strumento una zona con una forte presenza di sali solubili potrebbe "sembrare" piu' umida. La vera misura della umidita' e' ponderale, portando a secco in stufa una certa quantita' di materiale e calcolando la perdita di peso (ma il Sovrintendente spesso no fa bucherellare una statua o un affresco :-).)
Fig.5, la misura della umidita' NON e' assoluta, lo strumento e' nato per misura l'umidita' di legni da conferire ad una segheria, le sue punte misurano la conducibilita' elettrica. E' comunque molto usato nel settore dei Beni Culturali (e' il migliore) per intonaci, pietre ed affreschi in quanto da valori confrontabili fra loro seppur non assoluti. |
Prima dei prelievi continuiamo a definire lo stato dell'opera, questa volta con il colore e la macrofotografia.
Fig.6, macrofotografia, nel nostro caso sempre a circa 10mm di distanza, e con alta risoluzione permette di studiare i dettagli piu' piccoli dell'opera, utile anche per archiviare la storia dell'intervento di restauro. |
A quanto sembra dalle macrofotografie siamo in presenza di una colonizzazione di tipo biologico dell'Opera. Questa parte da funghi, alghe e batteri, si formano poi i licheni, su cui prosegue la colonizzazione biologica. Possiamo leggere questa sequenza in un interessante articolo di Marco Del Monte Il Biodegrado dei Monumenti in Pietra: i Licheni e i "Segni del Tempo".
Fig.7, la nostra foto incredibilmente simile alla figura di pag.17 dell'articolo del geologo Marco Del Monte, gia' citato in precedenza. |
Pur trattandosi di un marmo bianco di ottima qualita', la cui origine esula da questo studio, in esso sono sempre presenti delle impurita', spesso sotto forma di strati, vista la genesi metamorfica dello stesso. Le venture del famoso Marmo Statuario sono infatti dovute alla discontinuita' della composizione del carbonato di calcio con inserimento di altri elementi ed ossidi durante la formazione geologica.
Queste discontinuita' sono spesso punto di partenza per la colonizzazione dato che contengono oligoelementi necessari alla crescita dei primi funghi/batteri e magari un pH localizzato non cosi' alcalino.
Fig.8, probabile colonizzazione da ife fungine nelle zone di discontinuita' del marmo. Ancora una volta la nostra foto e' simile alla figura di pag.46 dell'articolo gia' citato |
Non appena sono disponibili alghe e muschi la colonizzazione passa al regno animale che nelle sue forme piu' semplici si nutre di questa "vegetazione".
Fig.9, come gia' visto le zone di discontinuita' nel marmo sono piu' soggette (o piu' resistenti) al degrado prima di altre, eccone un altro esempio. Qui per puro caso abbiamo catturato anche un inizio di colonizzazione di specie animali, effettivamente ad occhio nudo avevamo visto anche delle piccole lumache infilate nelle fratture. |
Forse e' meglio dirlo qui: tutte queste pagine di LDBBCC sono scritte a titolo divulgativo e didattico e qualche volta non usano i termini che ci si aspetta dalla comunita' scientifica. Ad esempio per il degrado delle superfici nel settore dei Beni Culturali esistono Norme magari solo per la descrizione dell'ammaloramento, come le 33 pagine della UNI 11182:2006 "Beni culturali - Materiali lapidei naturali ed artificiali - Descrizione della forma di alterazione - Termini e definizioni", oppure come le 86 pagine del "ICOMOS-ISCS: Illustrated glossary on stone deterioration patterns, Glossaire illustré sur les formes d'altération de la pierre".
Fig.10, nella zona della grossa frattura e' visibile il marmo originale, ecco una macrofoto con righello di riferimento per evidenziare la granulosita' ed il colore. Si vedono gia' le prime colonizzazioni in verde al centro. |
Per la misura del colore sarebbe utile lo spettrocolorimetro Minolta CM-2600D ma essendo in manutenzione possiamo usare la tecnica, gia' pubblicata, del confronto con colori di riferimento. In questo caso la mazzetta colore Sikken 3031 di cui abbiamo gia' la completa scansione spettrocolorimetrica.
La giornata un po' coperta, con nubi leggere che diffondevano bene la luce del sole, aiuta nel metodo del confronto con strisce colore note..
Fig.11, una foto ravvicinata del marmo con alcuni codici colore della mazzetta Sikken 3031 forse piu' simili. La foto originale (5.5MB) evidenza la struttura fine del marmo, il suo colore, ed una colonizzazione che si sta instaurando. |
Prima di approcciare ai prelievi ci sarebbero da chiarire alcune definizioni, non distruttivo, non invasivo, etc. ma rimandiamo alla lettura di una pagina delle lezioni di quando si insegnava nel Corso sui Beni Culturali.
In questo caso e' possibile estrarre delle parti, piccole il piu' possibile, dell'Opera sotto la guida attenta del restauratore capo. Con il primo prelievo cerchiamo di capire quanto e' coeso lo strato superficiale con il marmo sottostante, e cosa e' facilmente asportabile.
Fig.12, il primo prelievo puo' essere con il metodo "dello strappo", d'uso comune per lo studio degli agglomerati contenenti amianto. Si asporta dalla superficie quanto non coeso. Il nastro viene poi studiato al microscopio ottico e/o con tecniche spettroscopiche. |
Il nastro di carta va poi trasportato in una capsula di Petri di vetro con coperchio in modo che il centro non tocchi nessuna superficie. In laboratorio va montato su di una cornice in modo da lasciare esposta la zona a contatto con il marmo, lo vedremo poi.
Ora con un bisturi con la lama ricurva nuova (Rüttgers model 22 or 22a) si asporta quanto poco coeso in superficie fino ad arrivare allo strato originale del marmo, senza toccarlo, e si deposita in tutto in una capsula di Petri in policarbonato chiusa con il suo coperchio e Parafilm.
Fig.13, lato est, a mezza altezza, il primo prelievo della patina nera e di quanto incoerente. Si nota che il bisturi non ha prodotto una superficie liscia ma molto alveolata segno del degrado del marmo (see with mouse hover). |
Si procede con altri prelievi con la stessa tecnica del bisturi. nei tre lati cosi' numerati:
Per lo studio della stratigrafia ci serve un frammento di marmo, qui dopo varie discussioni si decide cercare nel basamento un scheggia che deve essere da poco saltata via, lasciando una lacuna. Intorno alla lacuna il marmo sembra molto decoeso e sotto il pezzo saltato via si vede bene la colonizzazione vegetale!
Fig.14, lato ovest, non certo una bella sorpresa, sotto al frammento raccolto si nota gia' una forte colonizzazione di tipo vegetale (see with mouse hover). |
Come vedremo il Cippo e' pieni di fratture e se in ognuna di esse e' gia' attiva questa colonizzazione il restauro e' ben piu' complesso. Di contro la scelta, ponderata, del punto del prelievo 4 e' stata felice avendo messo in evidenza un problema "nascosto".
Studiamo meglio il frammento 4 sia come colore sia come tipo di degrado.
Fig.15, il lato interno del frammento mostra in questa foto ancora meglio la colonizzazione vegetale, il lato esterno (see with mouse hover) mostra lo stesso processo allo stato odierno. |
Lo studio negli archivi non e' ancora iniziato e non si sa se il Cippo sia sempre stato in questo luogo/posizione. Dopo aver rimosso la vegetazione che nascondo il piccolo basamento si potrebbero intanto studiare la forma e dimensione dei mattoni su cui poggia il Cippo cercando di associarli ad un periodo storico.
Sapere la storia del Cippo ci permetterebbe di capire se le fratture sono dovute a fenomeni fisici o danni da trasporto, mezzi meccanici od altro. Data la sua forma e' fortissimo il dubbio che il Cippo sia stato spostato dalla sua collocazione originale, sarebbe quasi da suggerire alla Sovrintendenza una indagine conoscitiva in tal senso magari affidandola al Nucleo Tutela Patrimonio Culturale.
Fig.16, una delle fratture piu' preoccupanti che se fosse passante potrebbe provocare lo scivolamento di una intera sezione del Cippo stesso. Come nella anastilosi delle colonne si potrebbe consolidare la parte con perni interni in titanio. Crepa ancora piu' brutta se vista nella foto originale! |
Come primo intervento tutte queste fratture andranno pulite in profondita', bonificate dalle specie vegetali insediatesi e chiuse con quanto di piu' compatibile con questo tipo di marmo (NHL 2.5 e polvere di marmo). Di certo per far arrivare in profondita' il materiale scelto servira' una qualche tecnica simile alla calatafatura con un uso sapiente di Palella e Malabestia.
Ritornando in laboratorio uno dei primi interventi e' scaricare le foto ed analizzarle. Fra tutte emerge la foto del punto distacco che da sola ci fornisce tante informazioni sullo stato dell'Opera. Vediamola nella figura seguente.
Fig.17, foto del punto di distacco del campione n.4. Da una sola foto gia' uno studio sullo stato di conservazione, evidenziamo: 1) il colore originale del marmo, 5) il colore alterato dal degrado, 2) la crescita di specie vegetali in atto, 3) le stesse specie vegetali ormai morte e decomposte, 4) gravissima infiltrazione di specie con clorofilla AL DISOTTO del frammento che forse ne ha causato il distacco, punta del cartoncino per la foto con le dimensioni |
I campioni sono trasportati fino al laboratorio mediante freezer portatile, in laboratorio si conservino a 2 °C. Si iniziano subito le procedure piu' "time consuming" come l'indurimento delle resine.
Fig.18, procediamo con l'inglobamento in resina, prima con la stesura del fondello, e dopo 24 ore posizionando il campione, colando altra resina, infine viene fatto il vuoto che con piu' passaggi dovrebbe rimuovere le bolle d'aria intrappolate nei materiali porosi (mouse hover) |
Per l'inglobamento in resina usiamo un bicomponente a lentissima presa (giorni) molto liquida e penetrante che ci permette di consolidare stoffe, legni, intonaci e pietre porose.
Una attenta costruzione del fondello, qualche goccia di resina per centrare il campione, una delicata colatura ed vari passaggi in essiccatore sottovuoto (quello in foto permette anche di versare la resina gia' sotto vuoto) per estrarre l'aria dal campione ed aumentare il consolidamento facilita le operazioni di taglio e lucidatura.
Fig.19, i vetrini con incollate le 2 sezioni prodotte dal inglobamento del campione n.4 come da testo, notiamo qualche trucco per facilitare la levigatura. |
Dopo circa una settimana il pozzetto con il campione e' ormai pronto per il taglio con la certezza che la resina sia polimerizzata anche all'interno del campione.
In petrografia non si puo' non citare Henry Clifton Sorby che a meta' del 1800 inizio a studiare i minerali con sezioni sottili (anche solo 0.03mm) facendo nascere una intera branca di ricerca, la petrografia in luce trasmessa.
UNI EN 12407:2019, "Metodi di prova per pietre naturali - Esame petrografico". Questa e' la norma da seguire per la preparazione dei vetrini di fig.19, iniziando con l'inglobamento in resina, con il taglio mediante Microtomo o Micro-troncatrice di sezioni da 1mm di spessore, loro incollaggio su vetrino, levigatura con carte abrasive e poi diamantate via via piu' fini.
Nella fig.19 alcuni trucchi pre-levigatura, come una goccia di resina ad impregnare ancora il campione, 2 lati in PMMA come punto di appoggio per la levigatura cosi' da ottenere una sezione costante. Se farete la lucidatura a mano NON dimenticate di arrotondare i bordi di taglio dei vetrini che spesso sono affilatissimi!
Fig.20, le carte per la lucidatura della serie FEPA-P che usiamo normalmente, la levigatura finale viene fatta con la serie FEPA-F fino a F1500 (visto che la P8000 e la F2000 sono introvabili). With mouse hover vediamo una macrofoto dopo la prima lucidatura. |
Per questa indagine produciamo le cosiddette sezioni-lucide che vanno viste al microscopio ottico in luce riflessa, magari confocale, e poi al SEM (scanning electron microscope). Non ci interessano le sezioni-sottili di H.C. Sorby visto che conosciamo bene la pietra costituente l'Opera.
Fig.21, la sezione lucida vista al microscopio a bassi ingrandimenti (left bottom the scale), "out" lato esterno del frammento di fig.15, "in" lato interno. Nella foto originale possiamo evidenziare meglio tanti punti di degrado. |
Citando la foto originale evidenziamo i vari punti salienti di questa sezione lucida, cioe' i punti di degrado.
In laboratorio lo studio prevede la determinazione quantitativa dei sali solubili, anioni e cationi. In questo caso quelli estratti dai prelievi n.1, n.2, n.3 che campionano la superficie dell'Opera.
Ove fossimo in presenza di una pietra artificiale l'analisi dei sali solubili viene spesso svolta insieme alla misura del residuo fisso insolubile, del rapporto legante/aggregato, della composizione petrografica dell'aggregato stesso.
Fig.22, come da norma UNI-BBCC va pesato 1 grammo di campione e sciolto in 1 litro di acqua ultrapura (qui 100mg/100mL), vedi testo. |
La norma UNI EN 16455:2014, "Conservazione dei beni culturali - Dissoluzione e determinazione di sali solubili nelle pietre naturali e relativi materiali in uso e provenienti dal patrimonio culturale" prevede un prelievo di 1 grammo di campione, per tener conto della forte disomogeneita' delle malte antiche, in questo caso abbiamo ridotto la quantita' di campione per rispetto dell'opera ai classici 100mg circa.
La dissoluzione e' svolta con vari passaggi in bagno ad ultrasuoni da 45KHz per 8 minuti e vortex per 1 minuto, per un totale di 6 cicli. Si procede poi alla misura del pH, della conducibilita', del Potenziale Redox (ORP) sulla soluzione decantata ma non filtrata, ottenendo i seguenti valori.
dissolved (g) | pH | ORP (mV) | Conductivity (µS) | µS mesured at ºC | |
---|---|---|---|---|---|
sample 1 | 1.088 | 9.64 | 152.6 | 43.1 | 22.5 |
sample 2 | 1.082 | 8.85 | 144.0 | 29.0 | 21.7 |
sample 3 | 1.085 | 9.69 | 149.8 | 34.4 | 22.2 |
sample 4 | 1.078 | 9.83 | 310.6 | 81.8 | 22.1 |
Dalla tab.1 possiamo gia' evidenziare lo stato dell'Opera, dopo oltre 40 anni di studi sui lapidei anche con questi soli 3 parametri evidenziamo le prime anomalie:
La spettrofotometria UV-Visibile delle soluzioni contenenti sali solubili o comunque estratte da lapidei, cellulosici, metalli non viene mai menzionata nelle Norme UNI-BBCC! Non tanto per la difficolta' di esecuzione (anche se va continuamente ripetuto l'azzeramento dello strumento fra un campione e l'altro) ma forse per la sua difficolta' di interpretazione.
Fig.23, spettri UV-Vis delle soluzioni dei 4 campioni del Cippo. Lo screenshot ad alta risoluzione e' piu' utile per seguire il testo esplicativo seguente. |
Prima di leggere la tabella analizziamo direttamente lo spettro di fig.23:
La necessita' di interpretazione dello spettro ha prodotto nella letteratura scientifica la nascita di "indici" che siano facili da calcolare e mettere poi in tabella per comparare varie matrici fra loro, ecco che si ripresenta la necessita' di una attento instrumentt setting e di una accurata calibration. Per l'interpretazione magari e' necessario aver letto questo libro, oppure questo, e magari aver accesso ad un vasto data-base.
Abs at 200nm | Abs at 254nm | Abs at 440nm | Abs at 550nm | Abs at 664nm | Abs at 750nm | |
---|---|---|---|---|---|---|
sample 1 | 0.2492 | 0.0718 | 0.0251 | 0.0126 | 0.0078 | 0.0039 |
sample 2 | 0.2948 | 0.1051 | 0.0376 | 0.0204 | 0.0122 | 0.0068 |
sample 3 | 0.2351 | 0.1020 | 0.0337 | 0.0178 | 0.0088 | 0.0044 |
sample 4 | 0.1129 | 0.0266 | 0.0117 | 0.0066 | 0.0052 | 0.0041 |
Sempre con le soluzioni di fig.22 possiamo analizzare il contenuto di sali solubili mediante cromatografia ionica (IC). Un cromatografo ionico con una ottima colonna ed uno strumento ben calibrato riesce ad individuare almeno 10 anioni ed altrettanti cationi fra quelli piu' comunemente presenti in malte, intonaci, marmi e lapidei usati nel settore dei Beni Culturali.
Non siamo qui a descrivere i principi teorici della IC, nemmeno il funzionamento dello strumento e/o la procedura operativa e la elaborazione dati, questo fa parte del Corso di Laurea.
Gli anioni
Iniziamo con gli anioni presentiamo uno dei 12 cromatogrammi (3 ripetizioni di 4 campioni), forse quello piu' rappresentativo dello stato dell'Opera. Gli anioni che si rilevano con questo instrument-setting sono: F-, CH3COO-, Cl-, NO2-, IO3-, Br-, NO3-, SO4-2, C2O4-2, PO4-3, COO-
Fig.24, un cromatogramma del campione 1, purtroppo si nota la presenza di alcuni picchi incogniti. Un grosso problema e' il picco "unk" con tempo di ritenzione di circa 15 minuti, e' presente in tutti i campioni, seppur con area diversa, ma qualificarlo e poi quantificarlo NON e' possibile con i fondi a disposizione per questa analisi. Nel cromatogramma originale si notano ancora meglio i picchi ed il design delle loro aree. |
Partendo dalle 3 ripetizioni si puo' ottenere una media dei valori di concentrazione per gli anioni. Quella di seguito e' la tabella relativa ai soli ioni presenti. Con questo setting strumentale il LOQ e' stimabile a 0.05 ppm ed il LOD e' stimabile con i picchi a circa 7, 8 et 9 min della fig.24.
F- (ppm) | CH3COO- (ppm) | Cl- (ppm) | NO2- (ppm) | NO3- (ppm) | SO4-2 (ppm) | HCO3- (ppm)* | |
---|---|---|---|---|---|---|---|
sample 1 | 0.004 | 0.057 | 0.359 | 0.000 | 0.244 | 0.281 | 41.50 |
sample 2 | 0.005 | 0.000 | 0.174 | 0.000 | 0.000 | 1.381 | 46.10 |
sample 3 | 0.011 | 0.000 | 0.041 | 0.000 | 0.000 | 0.040 | 35.70 |
sample 4 | 0.001 | 0.000 | 0.007 | 0.023 | 0.016 | 0.059 | 14.60 |
Nella tabella precedente vengono mostrati i valori in ppm cioe' in milligrammi in un litro di soluzione mg/L, ma come da Norma partendo dalla dissoluzione di 1 grammo di campione in 1 litro di acqua la concentrazione e' definita come mg/g (quello che manca al grammo rimane come corpo di fondo insolubile).
* I valori per la concentrazione di HCO3- mostrati in tab.3 NON sono misurati ma provengono da un calcolo di stima con un errore di almeno il 5%.
I cationi
Quasi tutte le indagini diagnostiche su marmi, lapidei, intonaci, malte di allettamento o di rinzaffo nei Beni Culturali quando studiano i sali solubili si fermano ai soli anioni, anzi ad un sottoinsieme di essi (solo Cl, NO3, SO4), quasi tutti si dimenticano dei cationi.
La norma UNI 11087:2003-Beni culturali - Materiali lapidei naturali ed artificiali. Determinazione del contenuto di sali solubili che sostituisce la Normal 13/83 e' stata ritirata nel 2016 senza sostituzione, ed .... hanno fatto bene, era RIDICOLA, qualsiasi laboratorio chimico ben gestito oggi riesce a caratterizzare almeno 10 anioni e 10 cationi (con i dovuti finanziamenti!).
Ci sarebbe la norma BS EN 16455:2014 in cui si analizzano 4 anioni e 5 cationi, ma come si vede dal titolo trattasi di un British norm che ne recepisce una europea. L'Italia e' stata la prima a scrivere norme nel settore dei BB.CC., prima con le Dimos, poi con le Normal, poi con le UNI-BBCC, ma abbiamo abdicato anche a questo luminoso compito!
Inoltre TUTTE le norme UNI per i BB.CC., ma non solo loro, NON citano la Validation, il Intralaboratory-check, il Proficiency-Test che fanno tutti parte del Quality Control senza il quale meglio usare dei dadi per generare i numeri, si fa prima.
Come in precedenza presentiamo uno dei 12 cromatogrammi (3 ripetizioni di 4 campioni), forse quello piu' rappresentativo dello stato di degrado. I cationi che si rilevano con questo instrument-setting sono: Li+, Na+, NH4+, K+, Rb+, Fe+2, Mg+2, Mn+2, Zn+2, Ca+2, Sr+2, Ba+2
Fig.25, un cromatogramma sempre del campione 1, si nota un piccolissimo picco incognito ma non interessante per questo studio. Nel cromatogramma originale si notano ancora meglio i picchi ed il design delle loro aree. |
Calcolando la media fra le 3 ripetizioni otteniamo la tabella n.4 con le concentrazioni (ppm) dei soli ioni presenti. Con questo setting strumentale il LOQ e' stimabile a 0.05 ppm ed il LOD e' stimabile con il picco a circa 16 min della fig.25.
Na+ (ppm) | NH4+ (ppm) | K+ (ppm) | Mg+2 (ppm) | Zn+2 (ppm) | Ca+2 (ppm) | |
---|---|---|---|---|---|---|
sample 1 | 0.15 | 0.19 | 0.28 | 0.29 | 0.04 | 13.0 |
sample 2 | 0.10 | 0.07 | 0.17 | 0.29 | 0.00 | 14.76 |
sample 3 | 0.03 | 0.10 | 0.00 | 0.23 | 0.00 | 10.96 |
sample 4 | 0.00 | 0.08 | 0.00 | 0.08 | 0.09 | 4.55 |
Nella tabella precedente vengono mostrati i valori in ppm cioe' in milligrammi in un litro di soluzione mg/L, ma come da Norma partendo dalla dissoluzione di 1 grammo di campione in 1 litro di acqua la concentrazione e' definita come mg/g (quello che manca al grammo rimane come corpo di fondo insolubile).
Non e' assolutamente presente in alcuna Norma dei BB.CC. ma nemmeno in tantissime schede prodotto, costosissime, di tanti materiali usati, spacciati, come miracolosi per il restauro (sacchi, premiscelati, secchi, etc.).
Invece la statistica usata nel intralaboratory-check riempie libri, congressi, e le raccomandazioni ISO, ASTM, IUPAC ed altri Enti internazionali.
Presentiamo qui un esempio semplice, la correlazione fra le concentrazioni di anioni e cationi. Per il confronto devono essere calcolati i valori dei milliequivalenti a partire dai ppm delle tab.3 et tab.4.
Fig.26, la correlazione fra gli anioni ed i cationi per ognuno dei punti di prelievo, ci si attende un valore di r2 il piu' simile ad 1 (0.9689 e' un valore eccezzionalmente buono tenendo conto di tutte le diverse tecniche analitiche che lo compongono). |
La misura della concentrazione dei carbonati e bicarbonati in una soluzione acquosa e' particolarmente complessa. E' una titolazione potenziometrica in cui va continuamente allontanata la CO2 prodotta (nel nostro strumento si usa un flusso laminare di N2 puro al 99.99%). La titolazione va fatta goccia a goccia con HCl concentrato (ma per scegliere la concentrazione va prima fatta una stima dei carbonati presenti!) registrando il volume aggiunto ed il pH (o meglio i mV) dopo ogni goccia.
Fig.27, la autoburetta, semiautomatica, con la vetreria ed il pHmeter per la titolazione potenziometrica dei carbonati in soluzione acquosa. Non e' mostrato il sistema a flusso di N2 che si inserisce in uno dei 2 colli laterali della cella insieme con la sonda di temperatura e all'elettrodo di pH. Mouse hover per vedere una curva di titolazione. |
Dato il costo di una misura in triplicato, data la necessita' di prelievi piu' consistenti per ottenere i volumi necessari, dati i valori di conducibilita' bassi e la accurata analisi degli altri ioni solubili, non sono stati direttamente quantificati i carbonati et bicarbonati presenti.
Un alternativa per ottenere una qualche misura dei bicarbonati presenti e' partendo dal pH della soluzione, utilizzare la equazione di Henderson-Hasselbalch e mediare il risultato con il bilancio fra anioni e cationi per ottenere una stima della concentrazione di HCO3-. I valori mostrati in tab.3 vengono proprio da questo calcolo approssimato.
Come gia' detto per la misura del colore si puo' utilizzare uno spettrocolorimetro come il Minolta CM-2600d. Ma se trasportare in giro per cantieri e scavi oltre 12000 euro non vi sembra una buona idea nei casi come questo, stima del colore del marmo originale, puo' essere utile anche un sistema di comparazione con una serie di colori noti.
Non solo questo gruppo di ricerca ma anche tanti altri hanno pubblicato lavori scientifici di comparazione fra "mazzette di colori" e spettrocolorimetria ottenendo risultati comparabili.
Di seguito una tabella con i colori rilevati e i rispettivi parametri CIE-Lab ricercando in piu' punti il colore originale:
test point or sample | Sikken code | L value | a* value | b* value | example |
---|---|---|---|---|---|
test n.1 |
F2.07.88 | 95.81 | 1.88 | 9.9 | |
test n.2 |
F2.05.85 | 93.59 | 1.74 | 8.64 | |
test n.3 |
FN.02.88 | 95.11 | 0.86 | 5.03 | |
sample n.4 |
ON.00.90 | 94.89 | 0.29 | 1.76 |
I test point sono quelli delle figure nella zona con la vistosa lacuna. Il test point 2 si riferisce al punto 5 della fig.17, ed invece il sample 4 si riferisce alla zona 1 della fig.17 ma misurato sul frammento raccolto.
I) Il primo risultato viene dalla tab.1 da cui si puo' evidenziare:
II) Un altro risultato viene dalla fig.23 e dalla tab.2, da cui si puo' evidenziare:
III) L'analisi degli anioni come da tab.3 e fig.24 evidenzia:
IV) L'analisi dei cationi come da tab.4 e fig.25 evidenzia:
V) La fig.17, macrofoto del punto di distacco evidenzia:
VI) Se la fig.17 mostrava il punto di distacco la fig.21 mostra una sezione lucida del frammento in cui si evidenzia:
VII) Analizzando la fig.12 e la fig.16 si evidenzia:
VIII) Purtroppo mancano completamente invece:
Il Restauro, come e con che cosa
A parlare di restauro conservativo ormai ci si mettono in troppi. Tanti tanti anni fa solo chi usciva dal ICR aveva titolo a metter mano su opere piu' o meno famose, ma ormai proliferano "scuole di restauro" che danno una patente di legittimita' a persone che al massimo sanno come si fa un impacco con il carbonato di ammonio.
Tutto quello che vedete in questa pagina dovrebbe servire ad indirizzare gli interventi, leggeteli come suggerimenti dettati dal aver visto tante situazioni simili. Ma forse nel tempo in cui leggiamo qualcuno ha gia' deciso cosa fare, con quali prodotti, come applicarli e con quali tempi, va be', continuiamo cosi', facciamoci del male (che sembra la frase di un film).
I) Cosa e' un caposaldo? Cercatelo sulla Treccani. prima di procedere fissiamone 3:
II) Prima di tutto la disinfezione/pulitura, dai dati precedenti il problema del Cippo non sono i sali solubili ma l'infestazione di alghe, licheni, funghi, ed anche specie animali. In questa caso la disinfestazione e' anche pulitura, cioe' liberare le superfici di un Opera dai sedimenti di materia che non è parte costitutiva dell’Opera, ma sono un semplice accumulo di sostanze estranee e/o di degrado, spesso aggressive e dannose. Cosa fare:
III) Crepe e fenditure. Qui ci sarebbe da discutere se intervenire o non intervenire, ma non e' il nostro campo lasciamo le interminabili discussioni agli storici. Cosa fare:
IV) Protezione e consolidamento. Diamo il via ad altre interminabili discussioni, non e' il nostro campo lasciamole agli "esperti". Cosa fare:
L'acqua di calce e' una soluzione acquosa satura di Ca(OH)2 a circa 1.7g/L ottenuta dal grassello di calce puro (SOLO dal grassello) con forte miscelazione dello stesso con grandi volumi di acqua. E' un naturale antibatterico, molto traspirante, resistente alla formazione di muffe e batteri, il suo pH di circa 12 e' sgradito anche a fungi e virus. Viene di solito utilizzata per la preparazione di velature colorate, per legare pigmenti idrofobi o per il consolidamento superficiale, di lapidei a base carbonatica, di manufatti sfarinanti. Non va usata su Graniti e pietre silicee. Da quasi sempre un effetto sbiancante se non viene fatta penetrare in profondita'. Questa e' una scheda tecnica di un noto fornitore di prodotti per il restauro.
V) Difesa dell'Opera da danni atmosferici e da "urti". Cosa fare:
VI) Costi:
III batch di piogge a Roma
E' in corso l'analisi delle pioggie del 2021, un batch precedente e' stato gia' pubblicato su riviste scientifiche internazionali, un altro batch e' "submitted" in attesa di revisione. Delle analisi in corso mostriamo alcuni riultati preliminari.
Fig.30, un campione di pioggia con una strana colorazione giallastra, che si scoprira' poi dovuta ai solidi sospesi di natura silicea, forse sabbie del deserto. |
La spettrofotometri UV-Visibile e' particolarmente utile per individuare il colore di soluzioni acquose, come le piogge, ma anche sostanze organiche che assorbono in questa regione dello spettro ed anche solidi sospesi..
Fig.31, lo spettro di 3 giornate di pioggia del 2021 in cui si notano vari assorbimenti nella regione del Ultravioletto, UV, ed altri 3 nella zona cosidetta "turbidimetrica". |
Gli assorbimenti fra 700 ed 800 nm sono dovuti ai solidi sospesi che si vedono in fig.30, con opportune formule si puo' stimare la dimensione delle particelle dai picchi di assorbimento. La zona del UV invece mostra un assorbimento di almeno 3 diverse sostanze organiche, con l'ausilio di data-base cromatrografici si possono individuare almeno le classi di questi composti (acidi umici, aromatici, etc.).